Nell’epoca della Rivoluzione francese il mito dell’antica repubblica romana conviveva con un diffuso disprezzo per il popolo della Roma papale. La città, corrotta dal pontefice e dalla sua corte, appariva come la patria dell’oscurantismo. Era diffusa la convinzione che la plebaglia romana condividesse, esasperandoli, i vizi degli Italiani: infidi, codardi, proni all’asservimento, spesso travolti da raptus di violenza, abili nel maneggiare il veleno e il pugnale. Ma c’era un’eccezione. Per una sorta di miracolo della storia, nei Trasteverini era rimasta intatta la virtù degli antichi romani, la fierezza, l’onore civico, l’amore per la libertà. Come scrisse un poeta francese, i Trasteverini erano i «semidei del Tevere». Su questa percezione si era costruita da tempo la stessa identità della comunità trasteverina.